«Se penso troppo, gioco male. Il calcio, per me, dev’essere divertimento puro, come quando ero bambino e con i miei amici facevamo partite che duravano fino al tramonto». Parole che, molto più di altre, tratteggiano i contorni di questo ragazzo di diciannove anni che, al primo campionato da titolare in A, si è preso il palcoscenico e adesso per il suo cartellino battagliano l’Inter, la Juventus e le altre big d’Europa. Il Parma lo ha tesserato quest’estate, dopo averlo ottenuto in prestito secco dall’Atalanta, e anche grazie alle sue sgommate e alla sua fantasia adesso è al settimo posto della classifica.
Numeri da top
I numeri parlano chiaro: Kulusevski ha totalizzato 16 presenze, realizzato 4 gol, regalato 6 assist, effettuato 16 passaggi-chiave e percorso la bellezza di 12.164 chilometri, secondo in questa classifica soltanto a Brozovic. Per un ragazzo nato nel 2000 è davvero un bell’inizio di carriera. E, stando almeno a quello che dice chi lo conosce bene, non c’è il rischio che si monti la testa: le luci gli piacciono, ma non lo abbagliano.
Sempre nel pallone
Cresciuto a Stoccolma in una famiglia mista, mamma macedone e papà svedese, con una sorella che, in passato, è stata una calciatrice professionista, Kulusevski ha fatto le valigie a quindici anni e si è trasferito a Bergamo. Per 100 mila euro, infatti, l’Atalanta lo ha acquistato dal Brommapojkarna, una delle migliori accademie della Svezia, e si è occupata della sua crescita: sportiva e umana. Trascinatore della squadra Primavera che ha vinto lo scudetto nell’estate del 2019, Kulusevski è riuscito anche a prendere il diploma «a distanza», studiando e sostenendo le prove via computer. Il calcio lo assorbe totalmente, di fidanzate nemmeno l’ombra: la mattina si allena (e lo fa con un’intensità pazzesca, garantisce Roberto D’Aversa) e al pomeriggio, a casa, passa il tempo a guardare partite in tv, studia gli avversari, cerca di cogliere i punti deboli, osserva che cosa fanno i suoi idoli — Eden Hazard del Real Madrid in particolare — e prova a copiarne finte e movimenti. I suoi dribbling, proprio come accadeva nel calcio di una volta, non sono mai figli del caso, ma nascono da attente riflessioni e da infiniti esperimenti. Quando calcia in porta, e questo sì che è un segnale di elevata qualità tecnica, difficilmente sbaglia la mira: su 13 conclusioni effettuate, 10 sono finite nello specchio e soltanto 3 fuori. Ciò significa che i piedi sono ben educati, specialmente il sinistro al quale si appoggia per rientrare verso il centro, dalla sua classica posizione di esterno destro, e così ha la visione totale, «a campo aperto», e diventa davvero incontenibile.
Alla De Bruyne
Fare paragoni è sempre difficile, ma un sosia di Kulusevski c’è già e gioca nel Manchester City: si tratta di Kevin De Bruyne. Non soltanto un fantasista, non soltanto un centrocampista, non soltanto un attaccante o un esterno: stiamo parlando di “tuttocampisti”, elementi che possono essere utilizzati in qualsiasi ruolo del settore offensivo. Non è un caso che nel Parma di D’Aversa, a seconda degli avversari e delle circostanze, Kulusevski abbia già fatto l’ala destra, l’esterno di centrocampo (quando la squadra si sistema con il 4-4-2), il trequartista classico (nel 4-3-1-2) e il centravanti arretrato (nel 4-3-3). Le sue doti principali sono la facilità di corsa e la grande resistenza fisica: non va per terra neanche se gli finisce addosso un camion e in progressione, con il pallone incollato al piede, è uno spettacolo vederlo. Generoso nella fase di pressing, sempre pronto a raddoppiare e a dare una mano al compagno in difficoltà, Kulusevski deve imparare soprattutto a gestire la sua frenesia. È un motorino, corre come un motorino, il suo cervello ragiona più velocemente di quello degli altri, intuisce immediatamente lo sviluppo dell’azione, ma a volte, in campo, è necessario concedersi una pausa, rallentare, tirare il fiato: non sempre si riesce a giocare a mille all’ora, come vorrebbe fare lui. Certi errori, che ai più possono sembrare banali e incredibili per un ragazzo dotato di grande tecnica come lui, sono figli dell’eccessiva velocità. D’accordo che Kulusevski ama il basket e non perde una gara dei suoi Lakers, ma deve capire che nel calcio, quando si ha il pallone tra i piedi, non c’è bisogno di liberarsene immediatamente: non c’è la sirena che suona e ti obbliga a tirare in tutta fretta.
(Gazzetta dello Sport)